Taglio dei parlamentari? No, taglio della democrazia
Quando un individuo riceve delle cure per guarire dalle proprie patologie, solitamente, la terapia somministrata è proporzionale al male da curare. In parola povere: la medicina non deve essere troppo forte rispetto al malanno. Questo avviene per gli individui, questo dovrebbe avvenire per le comunità e per i mali che in essa risiedono.
La comunità nazionale, lo Stato moderno in generale, possiede, come ogni essere umano, degli organi che contribuiscono alla sua sopravvivenza: i governi, i parlamenti, le corti di giustizia e gli uffici amministrativi sono i polmoni, i cuori, i bronchi e gli stomaci dove avvengono i processi che contribuiscono alla tenuta organica del nostro sistema. Il paziente italiano, per i medici del popolo, ha ricevuto una diagnosi terribile: il cuore del sistema democratico presenta un cancro. La terapia? L’amputazione di una sua parte.
Il 20 e il 21 settembre si terrà in Italia l’appuntamento elettorale che interesserà il rinnovo dei rappresentanti di sei Regioni italiane e di un migliaio di Comuni. Negli stessi giorni si voterà, tramite consultazione referendaria, se approvare o respingere, con voto popolare, la legge costituzionale sul taglio dei parlamentari progettata dal Movimento 5 stelle e votata in via definitiva alla Camera l’8 ottobre 2019, con una maggioranza pari a 553 favorevoli, 14 contrari e 2 astenuti.
Ma per quale motivo il Parlamento ha deciso in maniera favorevole di amputarsi? In realtà la storia cominciò qualche tempo fa. Il Movimento 5 Stelle, la macchina grillina del deus ex machina Casaleggio, fiero della sua connotazione anticasta ha, fin dalla sua origine, portato avanti una battaglia contro il marciume insito nel palazzo; la corruzione, gli interessi privati pagati con lo sfruttamento del pubblico e il male che si insinuava nei corridoi del potere, sono stati gli spazi politici occupati dai 5 Stelle per ottenere consenso elettorale. Ma col tempo qualcosa è cambiato. La creatura grillina, per poter governare e attuare la lotta anti-casta, è entrata nel palazzo, capendo che il gioco ha altre regole. Prima il governo con la Lega razzista di Salvini, poi l’alleanza con il progressismo liberale, in realtà conservatore e capitalista, del PD di Zingaretti. La sostanza è cambiata, ma le idee, per una questione di vita o di morte elettorale, sono rimaste esattamente le identiche. Ecco la contraddizione: i 5 stelle per governare si sono schierati con l’archetipo del loro storico nemico: la casta. Come superare l’antitesi? Continuando nella stolta battaglia populista di fianco al nemico del popolo.
Oltre una questione di evidente incoerenza politica, la legge sul taglio dei parlamentari nasconde ben altri pericoli. Cerchiamo di andare per ordine.
- La legge prevede che la Camera perderà 230 deputati e il Senato 115 senatori a partire della prossima legislatura, di conseguenza sono stati riscritti i collegi uninominali, plurinominali ed esteri. Quindi, verranno tagliati 345 parlamentari a fronte di un risparmio netto di 57 milioni l’anno: una perdita in media del 36,5% di parlamentari per Regione a fronte di un risparmio di circa 1 euro l’anno per cittadino. Come si può ben notare il guadagno per le casse pubbliche non è elevatissimo, ma per la lotta alla casta non è un problema!
- Considerato il fatto che verranno tagliati dei parlamentari ma non verrà fatto nessun genocidio dei cittadini italiani, si stima che, se prima un parlamentare rappresentava circa 60.000 elettori, ora ne rappresenterà circa 100.000. Una drastica riduzione. C’è di più: essendo che ogni parlamentare esprimerà gli interessi di più persone, anche le circoscrizioni territoriali verranno modificate e, probabilmente, allargate. Il risultato? Verrà a configurarsi un ulteriore scollo tra il territorio e le istituzioni.
- La longa manus dei partiti – della casta, per la propaganda grillina – non verrà di certo amputata, anzi, verrà rinforzata la presa, tranne se, i politici italiani, cosa molto improbabile, non accuseranno un sussulto di coscienza. Essendo che le camere vedranno diminuire i loro componenti, le segreterie di partito, di conseguenza, avranno meno candidati da poter presentare alle elezioni politiche. Di primo acchito potrebbe sembrare una buona cosa: meno deputati=meno “ladri”, per la solita propaganda populista in salsa 5 stelle, ma osservando più attentamente le logiche di condotta della vita partitica si comprende, in maniera molto semplice, che così non è. Solitamente, se un direttivo di partito dovesse scegliere, per esempio 10 parlamentari da presentare in una elezione, ben che vada, 5 verranno selezionati dai semper fidelis che ruotano intorno ai leader, gli atri 5 saranno pescati, sempre ben che vada, dalle élite della società civile: avvocati, medici, liberi professionisti e figure di spicco del sistema Italia non avranno più le caselle che prima, a torto o a ragione, gli spettavano; categorie che perderanno rappresentanza, cittadini che perderanno competenza, il tutto nelle istituzioni nazionali.
In sintesi, una legge nata per spezzare la casta che incatenerà ancora di più il tempio della vita politica del paese, solo il NO, quindi lo stop al taglio tramite consultazione referendaria popolare, dimostrerebbe la coscienza civile e democratica che l’Italia dovrebbe aver maturato dopo tutto ciò che nella storia è stata e continua ad essere.
Le Utopie, per definizione, sono irraggiungibili, ma puntarle serve per indirizzare i nostri comportamenti in prospettiva di un futuro mondo migliore, cosicché da poter migliorare quello presente: se si punta alle stelle, mal che vada, si arriverà alla luna.