Strategia della tensione: gli Affari Riservati altro che servizi segreti “deviati”
Di Paolo Brogi
Gli Affari Riservati del Viminale sono la dimostrazione che la formuletta “servizi deviati” è totalmente fasulla. Non so chi l’abbia coniata, senz’altro è nata per distinguere le mele marce dal resto. Un tentativo mediocre di salvare capra e cavoli
Un giorno durante le mie recenti ricerche sulla morte dell’anarchico Pinelli all’Archivio Centrale dello Stato, scartabellando nelle carte dell’archivio Russomanno (numero due del servizio), ho trovato un documento rivelatore, l’organigramma degli Affari Riservati al settembre del 1968. Nomi, cognomi, funzioni, stanze del Viminale, telefoni.
Ho contato gli appartenenti alla struttura: 106 in tutto. Di cui quasi un centinaio “bassa forza”, nel senso di riempire oltre alle sezioni operative strutture come l’archivio, la foto segnalazione, l’ufficio copie ecc. In realtà sotto un capo formale, Elvio Catenacci, e uno di fatto, Federico Umberto D’Amato, la struttura era suddivisa in sette sezioni con altrettanti responsabili. La più importante era la IV Sezione, diretta da Silvano Russomanno, con delega sul “terrorismo in Italia”.
Insomma su un centinaio di appartenenti, il potere decisionale era in mano a meno di dieci persone, che come si è capito poi ricostruendo le attività di quel periodo (piazza Fontana, Pino Pinelli ecc) hanno agito come un gruppo coeso, determinato, pronto a tutto, intenzionato a coprire lo stragismo e a scaricare su poveri malcapitati l’ira delle inchieste.
Fino al 1974 questi funzionari hanno agito indisturbati, con una delega ampia da parte dell’esecutivo politico e dei ministri democristiani dell’epoca.
Poi dopo la nuova strage di Piazza della Loggia a Brescia (1974) il governo decise di sciogliere il “servizio”. Naturalmente tutti quegli uomini passarono nelle strutture successive, dall’Ispettorato Antiterrorismo al Sisde infine. E continuarono ad agire.
E’ così che si arriva al 1979 e alla nuova strage di Bologna…