Rende e il 25 Aprile: Storie di partigiani e libertà
In memoria dei Partigiani rendesi.
La vita sotto il regime fascista, non fu certamente piacevole per i cittadini rendesi. La città subiva un intenzionale fenomeno di regressione sociale, periferizzandosi e ghettizzandosi; gl’interessi del regime erano canalizzati sulla vicina Cosenza mentre povertà ed emarginazione ripiombarono catastroficamente sulla popolazione rendese. Dal punto di vista urbanistico furono realizzate poche opere di ammodernamento già previste dalle amministrazioni progressiste e l’aggregato sociale subì un mortificante immobilismo che la escluse da ogni processo di sviluppo.
L’oppressione fascista, bandì e dichiarò fuori legge tutte le forme di associazionismo, specie i partiti. Questi divenuti organismi clandestini, subirono la violenza del regime, ma continuarono incessantemente la loro attività propagandistica mantenendo vivi gl’ideali di libertà e solidarietà sociale.
Per quanto poco raccontato, l’antifascismo rendese, fu determinante per il grande processo di trasformazione che interessò la cittadina nella seconda metà del Novecento. Le forze socialiste e progressiste organizzarono una fitta rete di propaganda, e molti di loro parteciparono attivamente ad alcune azioni militari; Isolo Sangineto nel libro I calabresi nella guerra di liberazione. – I partigiani della provincia di Cosenza, annovera nove partigiani combattenti rendesi, di cui sette sorpresi all’estero, fra l’Europa orientale e la Francia.
Tra questi da ricordare Paolo Ruffolo che agisce in Piemonte, e la vicenda di Eugenio Salituro, che addirittura, da Rende raggiunge la Jugoslavia con un gruppo di internati del campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia per unirsi al movimento di resistenza titino.
Michele Aversa antifascista e militante comunista, in un’ intervista rilasciata a Isolo Sangineto, racconta della sua attività di propaganda clandestina all’interno della sua piccola bottega di libri, in cui circolavano anche quelli proibiti dal regime, e insieme ai compagni della cellula locale trovano un improbabile aiuto nel padre superiore del convento di Rende , fratel Beniamino Bisogni, che si dimostra un sincero antifascista, ospitando spesso le loro riunioni.
Gli anarchici continuavano ad avere la loro roccaforte nella contrada di Surdo, definita nel dopoguerra dall’immaginario collettivo la “Corea del Nord”, dove abitavano i fratelli Turco; questi svolgevano un importante lavoro di propaganda cittadina presso il mercato ortofrutticolo, con un singolare escamotage: avvolgevano frutta e verdura, con fogli di propaganda antifascista.
Incessante il loro rapporto di collaborazione con Antonio Malara detto “Nino” attivista anarchico di “fama” internazionale; difatti quando Mussolini nel 1939 giunse in visita a Cosenza Nino fu cautamente arrestato. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale porta avanti la propaganda antifascista sulle linee ferroviarie. A Cosenza è anche tra i promotori della nascita, nell’ottobre del 1942, del “Fronte unico per la libertà “, che mette insieme gli antifascisti di svariate ideologie e a cui gli anarchici aderiscono con il gruppo “Unità proletaria”
Molti antifascisti rendesi furono invece costretti al confino, curiosa a proposito la vicenda di Giovanni Spina socialista e cocchiere, inviato al confino di Lipari, perché sorpreso a cantare in un caffè l’inno sovversivo “bandiera Rossa”.
La fine del regime di Mussolini, che tra censure e repressioni, promulgazioni di leggi razziali e guerra, porta a Rende solo lutti e fame, segnò in qualche modo l’inizio della ripresa della città , lo storico Tobia Cornacchioli precisa a riguardo: “Saranno poi le vicende che su scala nazionale condurranno alla lunga e radicale transizione dallo stato di sudditanza alla condizione di cittadinanza- attraverso le tappe che si succedono lungo il tragitto che porta dalla caduta del regime di Mussolini, alla Resistenza e alla Liberazione dai nazifascisti e, infine, all’affermazione della Repubblica nel referendum del 1946 e alla promulgazione della Costituzione del 1948 -, che determineranno anche su scala locale quella profonda rottura di continuità che rappresenterà una delle precondizioni per la grande trasformazione di Rende nel secondo Novecento”