Per un Pd controcorrente
La grave sconfitta alle elezioni politiche dello scorso marzo e l’attuale immobilismo che attanaglia il Partito democratico richiedono una risposta decisa da parte di dirigenti, militanti e iscritti onde evitare un inevitabile esaurirsi del progetto democratico. Una risposta tanto più forte in Calabria dove, pur in presenza di un’amministrazione regionale di centro-sinistra, la sconfitta è stata più pesante, l’auto-critica assente e l’indecisione si presenta come impalpabilità di un partito acefalo da molti mesi.
Una risposta che restituisca speranza ai cittadini calabresi e susciti un nuovo entusiasmo nell’impegno politico. Ridare speranza significa impostare e trasmettere una percepibile e credibile visione del futuro della nostra regione e dell’intero Mezzogiorno, che aiuti a superare gli storici divari con le regioni del Nord e ad evitare quella deriva a cui pare essere stato abbandonato, contrastando le spinte neo secessioniste riemerse nel Paese ed evidenti nelle consultazioni referendarie lombardo-venete sul riconoscimento di maggiore autonomia e sul diverso riparto delle entrate fiscali. Una sorta di deriva alimentatasi per interessi o peggio poca lungimiranza di governo e gruppi dirigenti e che l’attuale governo ha tutto l’interesse a non fermare.
Una tale situazione di lento abbandono non può essere ribaltata con il semplice aumento dell’utilizzo dei fondi europei. O con una politica intermittente, parziale e di corto raggio, che spesso si evidenzia nella elargizione di fondi a pioggia per sagre di paese e rotonde sulle strade. Occorre ripensare la Calabria in termini nuovi, in termini all’altezza di una nuova Europa delle opportunità e delle eguaglianze. Occorre pensare alla Calabria come società della tecnologia, come località inserita nei nuovi flussi globali dell’informazione e capace, così, di produrre nuovi saperi. All’interno di questo rinnovato quadro, devono essere affrontati gli atavici problemi delle infrastrutture materiali che isolano la nostra regione dal resto d’Italia e d’Europa. E ancora la Calabria deve essere una società “verde” che valorizzi in tutta la sua gamma le risorse naturali di cui dispone: dalla salvaguardia di un territorio troppo spesso trascurato ed in pericolo alla sua promozione turistica, alla messa a sistema delle sue eccellenze agricole, offrendo un modello complessivo di sviluppo alle imprese del settore. Infine, la Calabria può essere una società della cura a partire dall’integrazione dello straniero come risorsa demografica, economica e culturale, attraverso una progettualità complessiva e non singoli e sporadici tentativi.
Un Pd che non elabori questa innovativa visione della Calabria proiettata verso il futuro, non potrà rispondere ai bisogni dei cittadini neppure attraverso isolati atti positivi di governo. Ma una simile visione richiede una profonda riorganizzazione del partito. Un partito che ha bisogno di ritrovare una sua autonomia. Da un lato, un’autonomia da leader che pensano di poter fare a meno della mediazione partitica con la società e si ritrovano assai vulnerabili rispetto ai flussi e riflussi di opinione dei cittadini. Dall’altro lato, un’autonomia dai suoi stessi esponenti nei governi. Non è pensabile un partito schiacciato sulle decisioni di questo o quello dei suoi rappresentanti istituzionali. In questo modo, infatti, il partito non riesce a rappresentare gli interessi dei gruppi sociali e neppure può sostenere l’azione dei suoi governi. In particolare, occorre ricentrare il partito su organismi snelli e realmente investiti di una funzione decisoria indipendente ed autorevole. L’esatto contrario dell’ipertrofia degli attuali organismi regionali e provinciali, i cui membri sono volutamente molti affinché contino poco. Inoltre, è impensabile che i dirigenti apicali ai vari livelli, dai circoli alle federazioni provinciali e regionali, siano scelti tra i percettori di incarichi e prebende da parte degli amministratori. Non potranno in tal modo godere di nessuna autonomia politica e offrire alcuna immagine credibile agli elettori, proprio quella credibilità di cui oggi difetta il Pd calabrese.
Infine, ogni cambio di passo del Pd calabrese non potrà prescindere da un ricambio del suo inamovibile personale politico, immune anche ai limiti di mandato previsti. Un rinnovamento che sia generazionale e di genere e che, al contempo, sappia integrare quelle esperienze che si sono distinte per la loro lungimiranza amministrativa. Individuare con vecchi metodi di cooptazione facce nuove non offrirà quel segnale di discontinuità necessario a risintonizzare il partito con le aspettative deluse dei calabresi. Occorre promuovere passioni, competenze e meriti di chi sinora è stato escluso dai ruoli di responsabilità. Occorre riconnettersi con il vasto arcipelago dell’associazionismo, da molto tempo unico sbocco per chi abbia voglia di impegnarsi in progetti di azione collettiva. Occorre, dunque, aprirsi a soggetti realmente nuovi, portatori di un pensiero inedito, che provino altresì a ribaltare vecchie pratiche. A iniziare da un superamento della logica correntizia che non risponde ad altro che alla preservazione delle rendite di posizione di capibastone tanto cinici da voler continuare a dirigere l’orchestra pur in assenza di spettatori, intesi come elettori.
Solo elaborando una rinnovata visione della Calabria, riacquisendo autonomia politica e rinnovando completamente la sua dirigenza, il Pd calabrese potrà ritrovare la sua vitale unità, quella con gli elettori.
- Antonio Tursi (Rende)
- Luigi Gagliardi (Paterno Calabro)
- Felice D’Alessandro (Rovito)
- Bianca Rende (Cosenza)
- Carlo Scola (Rende)
- Carolina Casalnovo (San Demetrio Corone)
- Gian Vincenzo Petrassi (Cosenza)
- Francesco Adamo (Rende)
- Rosita Leonetti (Saracena)
- Mimmo Lerose (Campana)
- Clelio Gelsomino (Rende)
- Antonello Pompilio (Castrovillari)
- Angela Giordano (Frascineto)
- Italo Fucile (Bisignano)
- Maria Rosalba Bernaudo (Rende)
- Sergio Campanella (Cosenza)
- Marco Iusi (Lappano)
- Lorenzo Principe (Rende)
- Pierfrancesco De Marco (Trebisacce)
- Gaetano Marcovecchio (San Basile)
- Joseph Guida (Villapiana)