Muccino, "Calabria, terra mia" e la dannosa banalità del luogo comune
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Muccino, “Calabria, terra mia” e la dannosa banalità del luogo comune

Il cortometraggio di Muccino, “Calabria, terra mia”, costato circa 1.7 milioni di euro e prodotto da Viola film per la Regione Calabria, doveva essere uno spot pubblicitario intento a valorizzare il territorio calabrese esaltandone le qualità positive di cui poco (o nulla) si parla. Purtroppo è la seconda beffa nell’arco temporale di neanche un anno che viene fatta alla Calabria. Molti ricordano la pubblicità di EasyJet che ritraeva la Calabria come terra di mafia (che, sia chiaro, non è una cosa da dimenticare, ma non è l’unica cosa che il territorio ha… fortunatamente!), quindi sconsigliata altamente come offerta vacanziera. La Calabria e Muccino sono caduti nella stessa trappola: ritrarre un territorio in base ai luoghi comuni che si narrano oltre il “confine”. Ora, di certo, il territorio calabrese ha le sue precarietà strutturali e presenta situazioni non ottimali dal punto di vista sociale, ma, ripetiamo, la Calabria non è solo quello che Muccino ha mostrato nel video.

Sede di uno degli atenei più prestigiosi d’Italia e d’Europa, l’Università della Calabria con una superficie che si estende su 200 ettari di terreno con i suoi 25000 studenti; patria di uno dei padri del Naturalismo filosofico, tale Bernardino Telesio, maestro del ben noto Tommaso Campanella; terreno della Magna Grecia e sede della scuola pitagorica di Crotone, fondata dal celebre filosofo Pitagora intorno al 530 A.C.; fondamenta naturale per i vari Castelli Normanni che sono ubicati nel territorio, segno della presenza dei popoli nordici in Calabria, strutture di un’importanza storica di valore inestimabile per storici e curiosi; la naturale teca dei Bronzi di Riace, indizio della già matura cultura artistica per l’epoca stimata dallo studio di essi; gabbia toracica di uno dei polmoni di tutta Europa, l’altopiano della Sila, che secondo stime presenta una delle zone con l’aria più pulita del continente europeo; contenitore di emblemi dell’impegno sociale e civile, impegno dato senza chiedere nulla in cambio se non un aiuto, il caso di Mimmo Lucano e di tanto, tanto altro ancora (ci scusiamo per non aver citato tutto, ma, per spazio, tempo e ignoranza non ne siamo in grado).

A fronte di ciò abbiamo analizzato lo spot realizzato da Muccino con Raoul Bova e Rocio Morales, cosa si evince? Purtroppo sempre la stessa ricetta: cibo, qualche, seppur bellissima, costa, i ragazzi con la “coppola” col fare malandrino risalente ad epoche arcaiche, vecchietti che giocano a carte in paesini dimenticati da Dio, comari dal balcone, campi pieni di agrumi e, dulcis in fundus, una bella macchina dell’emigrato al Nord tornato in Calabria; insomma, una vera e propria rappresentazione della Calabria del 1900, Muccino si sarà per caso dimenticato che un secolo è passato? Oltre all’evidente pochezza del cortometraggio c’è una più profonda riflessione da compiere per comprendere la gravità che questo può causare ad una terra già problematica di per sé. Ossia la dannosa banalità del luogo comune che non aiuta una popolazione che combatte ogni giorno.

La Calabria oltre ad essere sede di tutte le meraviglie di cui prima, è anche una terra che presenta del marcio al suo interno. Fenomeni mafiosi come la ‘Ndrangheta, una delle organizzazioni criminali più potenti del mondo; caporalato nei campi di coltivazioni degli agrumi, business importantissimo per i signori della terra per via dell’abbattimento del costo di manodopera; istituzioni corrotte e uomini delle istituzioni che alimentano questa tendenza; precarietà infrastrutturali, causate dallo sperpero di denaro pubblico per i privati interessi; ristagno tecnologico, per via della forte emigrazione di capitale umano e giacenza dei geronti in loco e tanto altro ancora. Ovviamente questi non sono problemi che riguardano, o sono presenti, solo nel territorio calabrese, ma questo è uno dei più vessati da fenomeni del genere.

Detto questo, il cortometraggio di Muccino, non ha, né esposto e valorizzato le vere eccellenze della Calabria da una parte, né denunciato le vere criticità dall’altro (cosa illogica visto che era uno spot pubblicitario, ma, probabilmente, sarebbe stato sicuramente, più efficace!), ha soltanto mostrato qualche bella costa o frutto, misto ad un’arretratezza del contesto sociale e territoriale che è un effetto, e non causa, derivante dalle precarietà e anomalie prima citate; arretratezza che, sia chiaro, permane in una parte di Calabria, mentre dall’altra parte, è potenzialmente al pari di altre regioni italiane.

Ovviamente non demonizziamo troppo il Muccino, vogliamo solo augurargli una buona e pronta rinsavita dopo il, per rimanere in contesto, “faglio” con il suo videoclip sulla Calabria; dobbiamo altresì ringraziarlo perché una cosa buona l’ha fatta: ora l’opinione pubblica calabrese, specie i giovani tramite i social, stanno parlando dell’accaduto in maniera critica e consapevole!

 

 

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