L’importanza educativa dei “no”
Un figlio non è solo pannolini, biberon e sorrisi, bensì un individuo in continua crescita, evoluzione e, come tale, dotato di bisogni non solo di natura fisiologica.
Fare i genitori, essere genitori, è un “mestiere” non facile.
Ogni genitore ha il compito di garantire benessere al proprio bambino: benessere che si struttura anche e soprattutto attraverso l’educazione.
Nella maggior parte delle famiglie l’educazione viene concepita in termini o di permissività o di divieti, spesso trascurando il grande potenziale di entrambi.
È risaputo che i bambini attraversano diverse fasi di sviluppo, una di queste rappresentata da una visione egocentrica e onnipotente della realtà, in cui si pensano come esseri in grado di influenzare ogni cosa e non ancora pronti a riconoscere l’impatto degli altri su di loro e sulla realtà. Da tale visione scaturisce il bisogno di “imporsi” e non sono pochi i genitori che assecondano ogni richiesta del figlio.
Cosa comportano i continui “SI”?
La Dott.ssa Simona D’Elia, psicologa specializzata in ambito evolutivo e pediatrico e specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale
I genitori, tutti, dovrebbero accogliere ogni bisogno del bambino senza, tuttavia, assecondare ogni richiesta fatta. Sto parlando di quelle richieste inopportune e non adeguate, che colludono con il bisogno del bambino di entrare in contatto con la propria frustrazione e di comprendere i confini del “possibile”.
Infatti, essere troppo permissivi accresce la credenza del bambino di poter ottenere tutto, in alcuni casi alzando il tiro, ma non solo.. al primo “no” egli sperimenterà la frustrazione, sentimento sconosciuto e difficile da gestire, che può avere un impatto forte se non si è dotati della capacità di contenerla.
Inoltre, l’ambiente familiare è un contesto protetto per un bambino, che dovrà successivamente confrontarsi con il contesto scolastico, ludico e in generale con altre persone diverse dalle proprie figure di riferimento, non assecondanti come i genitori.
Come usare al meglio i “No”
È dunque importante, laddove adeguato alla situazione, saper dire “no” a quelle richieste del bambino che non si possono realizzare, mostrandosi autorevoli ma non autoritari, fermi ma non aggressivi, coerenti e senza ricorrere a punizione fisiche. È necessario far valere il proprio disaccordo, motivandolo e, se possibile e opportuno, dando un’alternativa alla richiesta del figlio.
Per un genitore dire “no” può essere difficoltoso anche per paura di esser visto come il “genitore cattivo” e invece un no, detto al momento giusto e con modalità appropriate, aiuta il bambino a regolare le proprie emozioni, a sentirsi contenuto e a distinguere ciò che si può fare da ciò che non si può fare, acquisendo anche una migliore capacità relazionale e di negoziazione.
Un “no”, detto col cuore rappresenta una grande ricchezza per ogni bambino.
Di Simona D’Elia, psicologa specializzata in ambito evolutivo e pediatrico e specializzanda in psicoterapia sistemico-relazionale