La società senza Stato di William Godwin
Proviamo a immaginare una vicenda sentimentale dai tratti filosofico-politici che si consuma negli ultimi anni del Settecento, in Inghilterra. La prima moglie del nostro protagonista si chiamava Mary Wollstonecraft, era una scrittrice. Oggi, però, si ricorda soprattutto per le idee femministe e come sostenitrice dei diritti delle donne: argomenti allora difficili da testimoniare in un mondo che non credeva né nelle prime, né nei secondi.
Lei rimase incinta senza la copertura morale delle nozze e nacque Mary, che sarà conosciuta, dopo il matrimonio con il poeta dallo spirito rivoluzionario Percy Bysshe Shelley, appunto come Mary Shelley: la storia la ricorda quale autrice del romanzo “Frankenstein”.
Chi era costui? Prima di dare una risposta, occorre ricordare che tra il nostro protagonista e il genero Shelley corsero anche prestiti in denaro e che lui scrisse un’opera dal titolo “L’Inchiesta sulla giustizia politica e sulla sua influenza sulla morale e sui costumi moderni” (“Enquiry Concerning Political Justice and its Influence on Modern Morals and Manners”).
A questo punto è impossibile sbagliare: William Godwin, considerato uno dei precursori dell’anarchismo moderno.
L’opera ricordata è del 1793. Il suo autore guardava con grande interesse alla Rivoluzione Francese ma non amava i metodi del Terrore; ebbe un’educazione calvinista e finì con il diventare ateo; era convinto che il governo, in quanto imposto all’umanità dai suoi vizi, fu generato da ignoranza ed errori.
C’è sempre una ragione per parlare di questo libertario, la cui filosofia ha da due secoli qualcosa di attuale. Un saggio di Pietro Adamo ne indaga un particolare aspetto del pensiero: “William Godwin e la società libera. Da dove viene l’idea di anarchia”. In sostanza il saggio di Adamo, condotto con una notevole documentazione, cerca di rispondere alla domanda: “Da dove Godwin ha tratto l’idea di una società senza Stato”? Da quali tradizioni culturali o correnti di pensiero, da quali pratiche sociali o esperienze intellettuali? Perché giunse a credere che non è possibile, senza offendere la libertà individuale di coscienza, attribuire allo Stato funzioni legislative ed esecutive, e che pertanto si deve lavorare alla dissoluzione del governo politico?
Ciò che più colpisce è l’attacco alle istituzioni e alle idee legate allo Stato moderno che, per Godwin, va “smontato” e sostituito con una federazione di comunità decentrate e autonome, con accordi liberi tra individui e arbitrati consensuali al posto dell’autorità politica e degli istituti giuridici tradizionali. Tale concetto, per molti la prima formulazione del paradigma anarchico, lascia sbalorditi anche gli studiosi delle epoche successive che si chiedono da quali tradizioni, culture e pratiche Godwin abbia tratto la straordinaria idea di una “società senza Stato” nel momento in cui lo Stato sembrava celebrare i suoi massimi trionfi.