La Fede e la Scienza (di Errico Malatesta)
Articolo di Errico Malatesta pubblicato su “Pensiero e Volontà”, n. 18, anno I, 15 settembre 1924, pagg. 19-20 (*)
[…] in una nota all’articolo in cui il compagno Benigno Blasco si occupava della propaganda protestante della rivista “Coscientia”, io dicevo:
“Noi (alla religione) non ci crediamo; e non possiamo perciò fondare la nostra morale sopra ciò che riteniamo una menzogna, sia quella cattolica, sia quella protestante. Se Coscientia potesse darci la fede ! Ma come potrebbe fare ? Noi vorremmo delle prove, e dubitiamo che ci si possa provare la verità dei dommi cristiani.”
“Coscientia” trova che io ho messo “crudamente la questione in termini precisi” e a sua volta risponde:
“Coscientia se non può dar la fede, può dare questa risposta : Esistono due mentalità : 1° la dommatica che crede di aver trovato la verità definitiva, riposa in essa, non ha travaglio o inquietudine di nuove ricerche e giudica quanto è al di fuori di essa come superstizione, prodotte inferiore, ecc. Esempi ne sono la mentalità cattolica e quella giusnaturalistica che è una proiezione caricaturata di questa. Al domma dell’infallibilità del Papa corrisponde esattamente quello dell’infallibilità della Scienza. Molti anarchici hanno questa mentalità ed essa appare in modo chiarissimo nella richiesta di “prova dei dommi cristiani” che ci fa Malatesta (ecco il domma della prova); 2° la mentalità critica : questa esclusivamente moderna, vive dubitando ; la fede non è mai definitiva o posseduta sì che non si cerchi un maggiore possesso e il valore di essa sta nella volontà di essa, nel faticoso acquisto, così come il liberalismo non è in un programma politico ma in sé, cosi come la filosofia è nel filosofare. Questa è la scoperta religiosa di Calvino, filosofica di Hegel, politica di Stuart Mill, tutta insomma di un’altra cultura, la quale ha anche essa miscredenti, ma di un altro genere e meno miscredenti di quanto si creda. Croce, per esempio, non chiederà mai le prove della divinità di Cristo. Posto questo, appar chiara la difficoltà per una mentalità dommatica di comprendere la mentalità critica che fu la via ad esser quel che siamo. Bisognerebbe dubitare delle proprie idee, e questo non è intenzione di M. di cui conosciamo il tenace attaccamento ai suoi principii nelle ore tristi e serene. Insomma qui è questione di volontà e di disposizione; quella che Pascal chiamava volontà di credere prima di essere questione di fede. Questa è la risposta, forse un po’ lunga ma non inutile a mettere in chiaro i termini di certi dissidi.”
“Coscientia” mi giudica male. Checché possano pensarne altri anarchici, io respingo tanto il giusnaturalismo del settecento, quanto lo scientificismo dell’ottocento ; e sopratutto non sono un dommatico. Io non credo nell’infallibilità della Scienza, nè nella sua capacità di tutto spiegare, nè alla sua missione di regolare la condotta degli uomini, come non credo nella infallibilità del Papa, nella Morale rivelata e nell’origine divina della Sacra Scrittura. Io credo solo nelle cose che possono essere provate : ma so benissimo che le prove sono cosa relativa e possono, e sono infatti, continuamente superate ed annullate da altri fatti provati : e quindi credo che il dubbio debba essere la posizione mentale di chiunque aspira ad avvicinarsi sempre più alla verità, o almeno a quel tanto di verità che è possibile raggiungere.
“Coscientia” dice che bisogna avere la volontà di credere, confessando così che la fede è un fenomeno di autosuggestione senza alcuna corrispondenza nella realtà obbiettiva. E perciò non vuol sentir parlare di prove e trova che sia segno di mentalità dommatica il domandarne, mentre poi sarebbe segno di mentalità critica il credere, naturalmente senza prove, che vi sia un Dio che ha creato il mondo dal nulla, che questo Dio si è scisso in tre persone e ne ha mandata una, il figlio Gesù, a redimere l’umanità, ecc.
A me questa pare una mentalità da devoti di S. Gennaro !
Io alla volontà di credere, che non può essere che la volontà dì annullare la propria ragione, oppongo la volontà di sapere, che lascia aperto innanzi a noi il campo sterminato della ricerca e della scoperta. Io, come ho già detto, ammetto solo ciò che può essere provato in modo da soddisfare la mia ragione — e lo ammetto solo provvisoriamente, relativamente, in attesa sempre di nuovi veri, più veri di quelli finora acquisiti.
Niente fede dunque, nel senso religioso della parola.
Accade anche a me di dire che ci vuole la fede, di dire ché nella lotta per il bene ci vogliono gli uomini di fede sicura, che stiano fermi nelle bufere come torre che non crolla giammai la cinta per soffiar di venti. E c’è perfino un giornale anarchico che, ispirandosi evidentemente a questo bisogno, s’intitola “Fede!” Ma qui si tratta di un altro significato della parola. Qui “fede” significa volontà ferma e forte speranza, e non ha nulla di comune con la cieca credenza in cose che appaiono o incomprensibili o assurde. Ma come concilio io questa incredulità nella religione e questo dubbio, direi sistematico, nei risultati definitivi della scienza, con una norma morale e con la ferma volontà e la forte speranza di realizzare il mio ideale di libertà, di giustizia, di fratellanza umane ?
Gli è che io non metto la scienza dove la scienza non c’entra.
Compito della scienza e di scoprire e di dire il fatto e le condizioni nelle quali il fatto necessariamente si produce e si ripete : di dire cioè quello che è e che necessariamente deve essere, e non già quello che gli uomini desiderano e vogliono. Essa s’arresta dove finisce la fatalità e comincia la libertà. Serve all’uomo perchè lo previene dal perdersi in chimere impossibili, e nello stesso tempo gli fornisce i mezzi per allargare il tempo spettante alla libera volontà : capacità di volere che distingue gli uomini, e forse in gradi diversi tutti gli animali, dalle cose inerti e dalle forze incoscienti. E’ in questa facoltà di volere che bisogna cercare le fonti della morale, le regole della condotta.
(*) L’articolo è contenuto nel libro “Malatesta Errico. Pensiero e volontà. Scritti 3 Volume. Pensiero e volontà e ultimi scritti 1924-1932”, Editato da Movimento Anarchico Italiano, Carrara 1975, pagg. 117-119
Il libro è la ristampa curata nel 1936 dalle Edizioni “Il Risveglio”, Ginevra
Fonte: Umanità Nova