Inesauribilità del potere amministrativo e differenti livelli di governo nell’emergenza Covid-19
Prof. Avv. Renato Rolli- Prof. Ordinario abilitato di diritto Amministrativo
Avv. Dario Sammarro- avvocato amministrativista –cultore di Diritto Amministrativo [email protected]
Nuovamente, in queste ore, si ripropone il dibattito relativo al contrasto intercorrente tra competenze e funzioni centrali e periferiche ( e dunque tra Stato e Regioni) per ciò che concerne la gestione della pandemia.
A noi tecnici l’arduo compito di dare risposte alla platea. L’idea del contributo odierno, difatti, è quella di dissipare il più possibile le nubi interpretative esistenti in materia.
Qualche cenno, preliminare, sul servizio sanitario nazionale: esso, istituito con la Legge n. 833 del 23 dicembre 1978, è un sistema di strutture e servizi che ha lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, la tutela della salute[1].
Orbene, la suddivisione delle competenze fra questi diversi livelli si estrinseca secondo quanto dettato dall’art. 117 della Costituzione, che, in concreto, distingue fra: a) competenza esclusiva statale: i Livelli essenziali di assistenza. Lo Stato ha la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute attraverso la fissazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (art. 117, comma II°, lett. m); competenza concorrente Stato-Regioni: la tutela della salute. Alle Regioni compete, ulteriormente, l’organizzazione sanitaria in senso stretto.
Nel quadro pandemico protagonisti indiscussi della regolamentazione della quale si discorre sono gli atti amministrativi straordinari (i famosi DPCM) preordinati alla tutela della salute, che lo Stato ha cercato di coordinare con gli atti di Regioni e Comuni.
Oggi regola vorrebbe, così pare, che ci si torvi di fronte ad un sistema a “MatriosKa” ove l’organo di livello superiore prevale in termini di regolamentazione su quello minore[2].
Giova rammentare in questa sede come in Italia la Repubblica sia quella delle “autonomie”. I livelli territoriali di governo, nella caotica situazione emergenziale, spesso si sovrappongono tra loro.
Sul piano della gerarchia delle fonti, vale la pena sottolineare, come il decreto – legge, il decreto legislativo, la legge ordinaria e quella regionale sono fonti normative di rango primario mentre il DPCM, le ordinanze delle Regioni e quelle dei sindaci sono veri e propri atti amministrativi.
Il potere dell’amministrazione, a bene vedere, si pone come inesauribile. Esso trova sempre una legittimazione nella legge o in atti ad essa equiparati. Se non fosse l’atto amministrativo (nel caso DPCM ) sarebbe posto in essere in carenza assoluta di potere.
Nel caso piu attuale il DPCM del 3 Novembre 2020 trova il suo fondamento in sistema di atti aventi forza e valore di legge o già convertiti in legge[3].
Nel concreto, con riferimento al caso “Calabria rossa”, il Governo ha inciso di modo rilevante sulle sorti della Regione Calabria. Esso ha inteso adottare misure di contenimento più stringenti per la Regione Calabria ritenendo di dover inserire il medesimo ente territoriale tra le regioni che presentano uno “scenario di tipo 4” ed un livello di rischio “alto, sulle scorte, anche, delle indicazioni del Ministro della Salute e del Comitato Tecnico Scientifico sui dati monitorati.
Nella gestione dell’emergenza, in linea di massima ed ulteriormente, funzione centrale è riservata ai sindaci che, soprattutto con il ricorso al potere di ordinanza contingibile ed urgente, dispongono misure commisurate alle specifiche esigenze territoriali. (Anche i provvedimenti dei sindaci sono avversabili dinnanzi alla giurisdizione amministrativa come quelli delle regioni).
Ebbene, proprio il giudice amministrativo, in materia, è il detentore di quel potere dello Stato che sembra essere il più dirimente sulle questioni riguardanti i rapporti tra Stato ed enti parastatali. In queste ore taluni Comuni calabresi si dichiarano pronti ad avversare ed a contrastare le posizioni centrali (DPCM) nonostante il TAR del LAZIO (al momento solo con Decreto del Presidente del Tar) abbia in prima battuta rigettato il ricorso della Regione Calabria contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero della Salute per l’annullamento del DPCM descritto non ravvedendo i presupposti per l’accoglimento della richiesta cautelare e rinviando al 18 Novembre per il merito. Data entro la quale, probabilmente, i comuni potrebbero costituirsi ad adiuvandum per sostenere le pretese della Regione e dimostrare ivi i ed i vizi di un atto amministrativo certamente difficile da contrastare stante la “abbondante” ( forse troppo) cornice legislativa dalla quale trae fondamento.
Chi scrive, in queste ore, ha già ricevuto incarico dal Comune di Morano Calabro per accedere agli atti detenuti dal Governo ( ingiustificatamente tenuti secretati stante la posizione del Consiglio di Stato, la cui pronuncia confluirà nelle nostre istanze e/o ricorsi) al fine, poi, di contrastare nella sede opportuna la posizione centrale.
[1] Il Servizio sanitario nazionale non è un’unica amministrazione, ma un insieme di soggetti che collabora al raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadino: il Ministero della Salute; diversi enti e organi a livello nazionale, quali il Consiglio superiore di sanità (CSS), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), l’Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro (ISPESL), l’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (ASSR), gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS),gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e l’Agenzia italiana del farmaco;i servizi sanitari regionali. Questi, a loro volta, comprendono: le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano; le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende Ospedaliere, attraverso le qualile Regioni e le Province autonome assicurano l’assistenza sanitaria.
[2] Si v. https://www.corrieredellacalabria.it/contributi/item/275566-inesauribilita-del-potere-amministrativo-e-differenti-livelli-di-governo-nellemergenza-covid-19/?fbclid=IwAR2zMOaFcQSsgQJfQSDxRrjfgNC5s3oHGGd1xfEaO_rYSeGRwl3p7D8kP2A
[3] Riassumendo si incontra un quadro così riassumibile e preposto all’emanazione del DPCM stesso: il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante «Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19», convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, successivamente abrogato dal decreto-legge n. 19 del 2020 ad eccezione dell’articolo 3, comma 6-bis, e dell’articolo 4; il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19» e in particolare gli articoli 1 e 2, comma 1; il decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19»; il decreto-legge 30 luglio 2020, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 settembre 2020, n. 124, recante «Misure urgenti connesse con la scadenza della dichiarazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 deliberata il 31 gennaio 2020»; il decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante «Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020».