Cosenza, FEM.IN: “la discriminazione non deve essere punita, ma sradicata”
La giornata contro le discriminazioni rivolte alle persone LGBTQIA+ ha, in questi mesi, acceso il dibattito (con manifestazioni in appoggio o contrarie) riguardo al “DDL Zan – contro omolesbobitransfobia, misoginia e abilismo”.
Una sola giornata all’anno, così come il DDL Zan, però non bastano e non poche sono le criticità nello stesso: vi è infatti una definizione di sesso binaria che va ad escludere le persone intersessuali; una definizione di orientamento sessuale basata sul sesso e ciò che ne consegue e una definizione sbagliata di bisessualità (e la non menzione degli altri orientamenti facenti parte dell’ombrello bi+); oltre a ciò non vi è alcun riferimento alle persone dello spettro asessuale e aromantico.
Il DDL è volto a punire e non a prevenire le discriminazioni e noi riteniamo che per combatterle bisogna fare un lavoro culturale, partendo ad esempio dal mondo dell’istruzione con corsi di educazione sessuale e all’affettività o da quello del linguaggio e dell’informazione.Inoltre la violenza subita dalle persone LGBTQIA+ non può essere ridotta semplicemente a quella morale o fisica, ma è anche psicologica, sanitaria, culturale e istituzionale:
Le persone LGBTQIA+ vivono, a differenza delle persone etero-cis, uno stress psicologico maggiore dato dal fatto di subire discriminazioni, le quali insieme alle violenze verbali non vengono minimamente considerate dal DDL Zan, anzi vengono legittimate dal concetto di “pluralismo di idee” espresso nell’articolo 4. Questo comporta che per le persone LGBTQIA+ probabilmente godano di una salute mentale peggiore rispetto a quelle etero-cis, che non trovano lungo la propria vita le stesse difficoltà dovute al contesto esterno.
In ambito sanitario, il personale medico e sanitario spesso discrimina, a causa di una mancanza di formazione, le persone LGBTQIA+ creando un ambiente ostile per quest’ultime e, in assenza di discriminazioni “esplicite”, molto spesso le strutture sanitarie non sono in grado di fornire loro servizi sanitari idonei. Ad esempio, i farmaci che permettono la transizione spesso vengono a mancare, lasciando tantissime persone transgender a rischio e più in generale il diritto alla transizione medica è di per sé negato per molte persone nel momento in cui lo Stato non si dota di medici e strutture capaci di fornire procedure sicure e all’avanguardia (ad esempio, in Calabria non esistono centri medici per avviare la transizione). Più in generale per via di questa mancanza molte persone trans* preferiscono farsi operare all’estero a proprio carico. A ciò aggiungiamo che le persone intersessuali sono ancora vittime di chirurgie violente alla nascita, quindi senza consenso, ma anche successivamente vengono medicalizzante forzatamente e dunque deumanizzate.
Nell’ambiente dell’istruzione vediamo chiare discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQIA+, come ad esempio l’impossibilità di attivare la carriera alias in alcune università (compresa l’Università della Calabria) o scuole, ma anche docenti che non rispettano i/le studenti trans* chiamandolə con il loro deadname o facendo misgendering anche nel caso in cui questə abbiano attivato la carriera alias.
In ambito lavorativo le persone LGBTQIA+ subiscono discriminazioni (dal mobbing al rischio di non essere assunte perché tali) e hanno anche maggiori probabilità di essere disoccupate e di vivere in condizioni di povertà rispetto al resto della popolazione generale, molte di loro lavorano ma non hanno accesso a congedi di malattia retribuiti, indennità di disoccupazione se non addirittura ad un banalissimo contratto.
I servizi delle istituzioni sono pressoché assenti o violenti, basti pensare alle procedure anagrafiche per cambiare il nome sui documenti d’identità o alle vessazioni subite nelle questure e caserme.
Siamo ben consce che aumentare le pene per chi discrimina non è sufficiente: avete mai visto uno stupratore porsi dilemmi nello stuprare per paura della galera?
Noi no, ed essendo la radice di tali comportamenti la medesima non immaginiamo neanche, ad esempio, un omofobo che si ferma dallo sputare veleno per tale motivo. Per questo e per mille altre ragioni non ci fermeremo, servono investimenti reali di fondi, energie e strumenti affinché la discriminazione non debba essere punita ma venga sradicata.
VOGLIAMO MOLTO DI PIÙ E LO VOGLIAMO SUBITO!